tag:blogger.com,1999:blog-56948983939317117302024-03-14T10:37:44.846+01:00Melegnano e dintorniLuigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.comBlogger12125tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-12160461550743550272019-04-27T22:05:00.000+02:002019-05-05T00:07:43.249+02:00Novità su Ortensio Lando<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: medium;"><b>Agli
amici dell'Ortensio Lando Fan Club, sez. di Cerro al Lambro</b></span></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Una notizia
sconvolgente per i veri appassionati del nostro Eroe!</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Come ricorderete,
nelle <i>Partitiones Theologicae</i> di Conrad Gessner, pubblicate
nel 1549 come terzo tomo della sua <i>Bibliotheca Universalis</i>,
Ortensio Tranquillo veniva accreditato di quattro opere d'argomento
religioso:</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<ul>
<li>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
f. 7r:
<i>Hortensij Tranquilli Catechismus: sive, Explicatio Symboli
apostolorum, Dominicae precationis et decalogi</i>;</div>
</li>
<li>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
f. 70r:
<i>Hortensij Tranquilli concio de precibus</i>;</div>
</li>
<li>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
f. 98v: sotto
l'argomento "De baptismo vel baptismate": <i>Hortensij
Tranquilli concio</i>;</div>
</li>
<li>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
f. 104v:
<i>Contra coelibatum oratio Hortensij Tranquilli</i>.</div>
</li>
</ul>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
(Non dobbiamo
credere a chi ha scritto che Gessner nelle <i>Partitiones Theologicae</i> ne riporti solo tre: sono senza
dubbio quattro, le ho contate. Nell'<i>Epitome</i> e nella <i>Appendix</i>,
curate da Josias Simmler e pubblicate nel 1555, vengono poi aggiunte le
<i>Disquisitiones in selectiora loca scripturae</i>, che ci sono note
per una copia manoscritta conservata nella biblioteca comunale di
Trento sotto il nome di Ortensio Tranquillo.)</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Finora queste opere
erano ritenute "inedite o irreperibili". Ma ecco la bella
notizia: una di loro è riapparsa!</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Seguite questi link:</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<a href="http://data.onb.ac.at/rec/AC09785265">http://data.onb.ac.at/rec/AC09785265</a></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<a href="http://data.onb.ac.at/ABO/+Z137287006">http://data.onb.ac.at/ABO/+Z137287006</a></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://books.google.it/books?id=QFVJAAAAcAAJ">https://books.google.it/books?id=QFVJAAAAcAAJ</a></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Mi sembra difficile
negare al nostro Ortensio questo opuscolo di 24 pagine, conservato
nella Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, segnatura 4.G.79
ALT PRUNK, intitolato appunto <i>Concio de precibus</i> cioè
"Predica sulle preghiere".</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Il titolo è proprio
quello citato da Gessner e l'aria che vi si respira è molto
landiana.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
La dedica (f.
A1v-A2v) è alla "illustri et generosae virgini Violanti
Sanseveriniae" da parte di "H.T.L.M.S.", che esalta la
nobildonna oltre ogni decenza, scrivendo che la giovanissima Violante
è lodata da tutti per la sua bellezza, serietà, intelligenza,
istruzione, abilità nel comporre versi in greco e in latino, oltre
che nel ricamare e negli altri compiti adatti a una ragazza. La cosa
sembrerebbe incredibile, se non la rendessero verosimile la
frequentazione con la casa di Antonio Garloni, signore di Alife,
l'educazione ricevuta dalla nonna e dalla madre e altre ragioni che
non riporta per brevità. Gli ha tolto ogni dubbio la testimonianza
di Cornelia Piccolomini, che ha avuto per Violante parole di tale
lode da far pensare che quello che si dice in giro di lei sia troppo
moderato. Per questo l'autore chiede di essere considerato il
principale ammiratore della giovane Violante e a questo scopo le
dedica questa predica, scritta nei giorni precedenti. Alla fine della
dedica compare il saluto e la data topica: "Vale ex S.A."</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
La predica (f.
A3r-C4r) ripercorre i vari modi di pregare, da Mosè a Davide a
Salomone all'apostolo Bartolomeo ad Apollonio ad Anna madre di
Samuele a Sara figlia di Raguele a Isacco di Monteluco, per
concludere con la vergine Maria e lo stesso Cristo. Ma poiché tra
gli ascoltatori ci sono molti cui piacciono di più gli esempi tratti
dai poeti pagani, ecco citati Anchise, Enea, Didone, le matrone
romane, Scipione l'Africano. Appare chiaro che Dio non disprezza le
preghiere pronunciate con sentimento religioso, ma interviene anche
con miracoli, come appare dagli esempi di Mosè, Elia, Giosuè,
Ezechia, per non parlare degli apostoli, dei martiri e di tutti i
santi. Ce ne sono anche testimonianze riferite a pagani, come Romolo,
Numa Pompilio, Tullo Ostilio, i due Deci, le vestale Tuccia e
Claudia; ma questi prodigi sono dovuti a demoni col permesso divino e
c'è da vergognarsi a mescolare cose sacre e profane, come ha fatto
lo stesso autore poco prima. Non è necessario invocare esempi
pagani: si potrebbe citare Giuda Maccabeo al posto di Anchise, Eliseo
al posto di Enea, Francesco di Assisi e Maria Maddalena al posto di
Scipione e Didone.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Dopo aver parlato
dei vari modi di pregare e degli effetti della preghiera, l'autore
passa a discorrere del giusto atteggiamento da tenere.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Perché la preghiera
sia gradita a Dio bisogna essere consapevoli che Dio ha promesso di
ascoltarci e non dobbiamo minimamente dubitarne. È chiaro che quanto
otteniamo dipende unicamente dalla infinita generosità divina,
pronta a donarci molto più di quanto chiediamo. A rincalzo si citano
le promesse contenute nel vangelo (Matteo 21, Marco 11, Luca 11) e
nella lettera di Giacomo. Sbaglia chi crede che per essere esauditi
bisogni esserne degni, perché l'importante è la fede nelle promesse
e nella misericordia divine (Salmi 25 e 35). D'altra parte la fiducia
non deve indurci a porre condizioni e termini, ma tutto va lasciato
alla volontà, sapienza e onnipotenza divina, che può addirittura
realizzare prodigi come nei casi del Mar Rosso e di Giuditta.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Potremmo chiederci
di quali preghiere dovremmo servirci, vedendo che ne sono state
create di molti generi, così che ad esempio i Domenicani usano forme
diverse di preghiere rispetto ai Benedettini, gli Ambrosiani rispetto
ai Romani, e da qualche anno è in voga un tipo di preghiere chiamato
Roseto o Rosario, non si sa se dalle rose o dalle spine che ci sono
nei roseti. Alcuni pensano di essere protetti contro tutte le
disgrazie attraverso preghiere come "Dirupisti", "Qui
habitat", "Obsecro" e "Intemerata".</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
L'autore non
oserebbe criticare o respingere tali preghiere che in sè sembrano
buone e hanno goduto di importanti appoggi, ma preferisce a tutte il
Padre Nostro, di cui ha anche scritto, sull'esempio di Erasmo da
Rotterdam, una "piccola spiegazione", dedicata a Cornelia
Piccolomini Garloni. Non bisogna moltiplicare le parole, per non
correre il rischio di sazietà. I Padri del deserto, temendo ciò,
disposero che le preghiere dovessero essere frequenti ma brevi.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Se gli ascoltatori
della predica vogliono indicazioni su qualche forma di preghiera
privata, l'autore consiglierebbe alcuni salmi: contro l'anticristo e
il suo regno il salmo 9,22 (Ut quid, Domine, recessisti longe), per
la divulgazione del vangelo il salmo 11,22 (Salvum me fac, Domine),
per le cariche pubbliche e la pubblica pace il salmo 19,2 (Exaudiat
te Dominus in die), per raccomandare a Dio la propria vita il salmo
24,1 (Ad te, Domine, levavi), per lamentarsi del peccato e delle sue
conseguenze il salmo Miserere mei, Deusfootnote{Poiché tre salmi
hanno questo inizio (50, 55 e 56) non è chiaro a quale di essi il
predicatore si riferisca., per progredire nella fede il salmo 66,22
(Deus misereatur nostri), contro i nemici della Chiesa e del vangelo
il salmo 78,1 (Deus, venerunt gentes), contro eretici, fanatici,
tiranni e nemici di Dio il salmo Deus, ne sileas pro te
(probabilmente un errore di memoria: non c'è nelle edizioni della
bibbia latina nessun salmo con un tale attacco), per i benefici
ricevuti il salmo 122 (o 123: Benedic anima mea Domino).</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Fin qui il nostro
predicatore.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
I due personaggi
citati, Violante Sanseverini e Cornelia Piccolomini, sono ben
presenti in altre opere di Ortensio Lando (spero di non avere perso
qualche occorrenza):</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
</div>
<ul>
<li>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
nei
<i>Paradossi</i>, pubblicati nel 1543, f. L6v:</div>
<ul><div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Venermi similmente
a notizia, mentre a Napoli stetti, due fanciulle sorelle cugine:
l'una è Violante Garlona, e l'altra Violante Sanseverina, ambedue
belle de modi e di presenza, amiche ambedue d'onore, e studiose di
buone lettere.</div>
</ul>
</li>
<li>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
nella <i>Brieve
essortatione a gli huomini perche si rivestino dell'antico valore,
ne dalle donne si lascino superare</i>, in coda al <i>Brieve
trattato dell'Eccellentia delle Donne</i>, pubblicato nel 1545, f.
51v:</div>
<ul><div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
io so di certo che
nella Corte di Madamma di Ferrara vi si nudrisce una scuola di tal
sorte che mi fa per l'amor che io porto al sesso mio, tutto
impallidire et tremolare, il medesimo si fa a Napoli nelle case
della S. Contessa di Aliffe gloria et honor del sangue piccolomini.</div>
</ul>
</li>
<li>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
nel
<i>Commentario</i>, pubblicato nel 1548, l'anonimo Sperduto in giro
per l'Italia dichiara (f. 14r-14v):</div>
<ul><div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Fui in Caiazzo, in
Teano, in Aliffe, et in S. Agnolo, dove faceva sua residentia la
contessa d'Aliffe la quale, senza haver altra notitia de fatti
nostri mossa sol da un regal spirito, et sospinta da una natural
cortesia ci fece nelle proprie case albergare: Io non ho lingua, io
non ho parole bastanti ad isprimere li honesti trattamenti, i
gratiosi modi, et la rara leggiadria di questa eccellentissima
Signora degna madre della divina Violante, et della dolcissima
Giulia Garlona: Ne fu poi pel viaggio da persone di somma fede,
affermato; esser fra l'altre virtu di tanta pudicitia che si
sarebbe potuta pareggiare con Sulpitia figliuola di Patercolo et
moglie di Fulvio Flacco, la quale, eletta fu fra cento castissime
matrone per consagrare il Simulacro di Venere: O donna rara, ò
gloria eterna del sangue Piccolomini et degna di maggior felicità
che non ebbe mai Lampido Lacedemonia ò vero Berenice"</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Nel margine si
specifica: "Donna Cornelia piccolomini figlia del Marchese di
lecito".</div>
</ul>
</li>
<li>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
tra le
<i>Lettere di molte valorose donne</i>, pubblicate anch'esse nel
1548, ne compaiono tre aventi come presunta mittente Cornelia
Piccolomini (f. 28v-29v: a Lelia Scarampa; f. 74r-74v: a Isabella
Sforza; f. 81r-81v: a Clara Pesta) e una che la vede come
destinataria di una consolatoria (f. 63v-64v: Lucrezia d'Ali Crotta
a Cornelia Piccolhuomini per la morte del marito)</div>
</li>
<li>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
nei <i>Sette
libri de cathaloghi</i>, pubblicati nel 1552:</div>
</li>
</ul>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 2.5cm;">
-
libro I, cathalogo delle donne dotte, delle modernissime, p. 53:
"Dotte mi sono parute ... la S. Violante Sanseverini figliuola
del Duca di Soma";</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 2.5cm;">
-
libro II, cathalogo de i liberali et cortesi, de i moderni, p. 163:
"donna Cornelia Piccol'huomini d'Aragona contessa di Aliffe"
... p. 164: "la S. Violante Sanseverini Orsina";</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 2.5cm;">
-
libro IIII, più fedeli, de i moderni, p. 339: "D. Cornelia
Piccol'huomini. / Violante Garlona. / Violante Sanseverini."</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 2.5cm;">
-
libro VII, de i moderni hospitali, p. 534: "Il conte di Aliffe
in Napoli."</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 1.25cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Il nome di Violante
era piuttosto comune nei vari rami della famiglia dei Sanseverino e
non è semplice districarsi tra le omonimie. La Violante della dedica
era una figlia di Alfonso Sanseverino, duca di Somma, e di Maria Diaz
Garlon, il cui matrimonio era stato celebrato il 29 ottobre 1509.
Violante andò in sposa a Giulio Orsini, signore di Monterotondo
(1511-1567), ma non sono riuscito a trovare la data del matrimonio
(Pompeo Litta accenna al matrimonio, senza riportarne la data).</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Cornelia
Piccolomini, figlia di Alfonso, marchese di Deliceto, fu moglie di
Antonio Diaz Garlon, conte di Alife (+1546), fratello della suddetta
Maria. Sua figlia fu la Violante Diaz Garlon, citata da Lando nei
Cathaloghi, che sposò Giovanni Carafa, duca di Paliano, e che per
sospetti di infedeltà fu uccisa nel 1559 dal fratello Ferrante.
Stendhal ha dedicato alla tragica vicenda il racconto intitolato <i>La
Duchesse de Palliano</i>. Come si vede, ci muoviamo nei piani alti
della nobiltà partenopea.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
La sigla
"H.T.L.M.S.", con cui è firmata la dedica, dovrebbe
significare "Hortensius Tranquillus Landus Mediolanensis
salutem".</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Se, come è
probabile, il passo del Commentario rispecchia un'esperienza reale di
Ortensio Lando, la data topica "ex S. A." dovrebbe
riferirsi a Sant'Angelo di Alife, dove l'anonimo Sperduto dice di
essere stato ospitato dalla contessa.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Per quanto riguarda
la breve spiegazione del Padre Nostro che l'autore afferma di avere
scritto e dedicato a Cornelia Piccolomini, non dovrebbe coincidere
col <i>Catechismus: sive, Explicatio Symboli apostolorum, Dominicae
precationis et decalogi</i> citato nelle <i>Partitiones Theologicae</i>
di Gessner, sia per l'argomento più ristretto sia per la forma
presumibilmente non dialogica. Potrebbe trattarsi di una prima
stesura, confluita poi nel <i>Cathechismus</i>.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
La composizione
della <i>Concio</i> potrebbe risalire al periodo in cui Lando, cioè
frate Geremia da Milano, soggiornava nel convento napoletano di San
Giovanni a Carbonara, nel 1530, secondo la testimonianza di Johann
Albrecht Widmannstetter.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Di più è difficile
dire, perché non conosciamo nei dettagli la vita di Lando in quegli
anni. Adorni Braccesi accenna a soggiorni "tra Firenze, Bologna
e Napoli" in anni successivi al soggiorno lucchese del 1535.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Un termine post quem
è l'accenno al commento di Erasmo al Padre Nostro, ma essendo del
1523 non ci è di molto aiuto. Un termine ante quem, forse più
utile, sarebbe la data del matrimonio di Violante Sanseverini, che
dalla dedica alla Concio risulta ancora nubile, ma non la conosciamo.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Ma in ogni caso
aggiungiamo un nuovo e insperato tassello alla nostra comprensione di
Ortensio Lando "eretico".</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<i>Luigi Bardelli</i></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<i>Presidente (e per
ora unico socio) dell'Ortensio Lando Fan Club, sez. di Cerro al
Lambro</i></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Bibliografia</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Simonetta Adorni
Braccesi - Simone Ragagli, "LANDO, Ortensio''. In: <i>Dizionario
Biografico degli Italiani</i>, vol. 63 (2004),
http://www.treccani.it/enciclopedia/ortensio-lando_(Dizionario-Biografico)/.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Conor Fahy, "Per
la vita di Ortensio Lando.'' In: <i>Giornale storico della
letteratura italiana</i>, CXLII (1965), p. 243-258.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Felicita De Negri,
"DIAZ GARLON, Maria". In: <i>Dizionario Biografico degli
Italiani</i>, vol. 39 (1991),
http://www.treccani.it/enciclopedia/maria-diaz-garlon_(Dizionario-Biografico)</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Pompeo Litta,
<i>Famiglie celebri italiane. 62: Orsini di Roma</i>. Milano,
Ferrario, 1846. tav. VIII.</div>
Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-49710441444674136002011-09-21T12:00:00.003+02:002011-09-29T20:19:03.736+02:00Ci provoIeri 20 settembre cadeva il 141º anniversario della breccia di Porta Pia. Scadeva anche il termine per la partecipazione al <a href="http://comune.melegnano.mi.it/pagine/pagina.aspx?ID=Premio_Citta004&L=IT">premio "CITTA' DI MELEGNANO"</a> per studi e ricerche di ambito melegnanese – Anno 2011.<br /><br />Ho voluto provare: ho presentato uno smilzo libretto dal titolo <span style="font-style: italic;">Appunti melegnanesi</span>. Per invogliarvi alla lettura, ecco l'indice dei capitoli:<br /><br />1 Il Medeghino azzoppato<br />2 1563 o 1564?<br />3 Una famiglia avvelenata dai funghi<br />4 Medìceo o medicèo?<br />5 Melegnanesi illustri<br />6 Spigolature<br />6.1 Melegnano all'Inferno<br />6.2 Ma Meregnan vuole l'accento?<br />6.3 In tribunale a Lisbona<br />6.4 Una tipica melegnanese<br /><br />Lo trovate <a href="http://gasl.files.wordpress.com/2011/09/appunti.pdf">qui</a>.Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-59726188501911329882011-09-19T21:51:00.002+02:002011-09-19T22:01:43.186+02:00Un blog interessanteUn mese fa, una persona che mi è cara ha aperto un <a href="http://piedetortocongenito.blogspot.com/">blog</a> molto interessante su un tema che sicuramente angoscia molti genitori: il <span style="font-weight: bold;">piede torto congenito</span>.<br />Se qualche mio lettore si trova con questo problema, ci dia una bella occhiata...Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-52734040577101487852011-08-08T23:47:00.004+02:002011-08-08T23:56:18.887+02:001563 o 1564? Facciamo chiarezza sulla vera data del Perdono <style type="text/css"> <!-- @page { margin: 2cm } P { margin-bottom: 0.21cm } --</style>C'è un po' di confusione sull'anno in cui Pio IV concesse alla chiesa di San Giovanni Battista di Melegnano la famosa bolla del Perdono: per molti è il 1563, per qualcuno è il 1564. Avevo già trattato l'argomento sul <span style="font-style: italic;">Melegnanese</span> nel lontano 1974, ma, vista l'incertezza tuttora regnante, ne riparlo sperando di fare chiarezza una volta per tutte. E per chi volesse osservare che, trattandosi di un solo anno di differenza, le cose non cambiano molto, rispondo che per uno storico l'esattezza non è una virtù: è un dovere. <p>L'opinione che l'anno della bolla sia il 1563 si basa sul testo stesso della celebre pergamena, in cui si legge questa data: <i>Datum Rome apud Sanctum Petrum anno incarnationis Dominice millesimo quingentesimo sexagesimo tertio, tertiodecimo kalendas februarii, pontificatus nostri anno quinto</i> (“Roma, presso San Pietro, il 20 gennaio dell'anno dell'incarnazione del Signore 1563, anno quinto del nostro pontificato”).</p> <p>Qualcosa però non torna: se Pio IV fu eletto papa il 25 dicembre 1559, allora il 20 gennaio 1563 è nel quarto anno di pontificato e non nel quinto. Forse è un errore dell'amanuense, come quell'altro che gli viene attribuito dalla tradizione meregnanina sulla durata dell'indulgenza?</p> <p>Per chiarirci le idee, cerchiamo nelle opere dello storiografo melegnanese don Cesare Amelli: vediamo che in quasi tutti i suoi scritti egli riporta la data tradizionale, spesso con la circonlocuzione “la bolla che reca la data del 20 gennaio 1563”, ineccepibile ma un po' ambigua. In almeno due casi però afferma che la vera data è l'anno 1564.</p> <p>Nel fascicolo 7 dell'<i>Enciclopedia melegnanese</i><span style="font-style: normal"> (che risale al 1982-3), dopo aver trascritto il testo della bolla così commenta:</span></p> <p></p><blockquote><span style="font-style: normal;">La data riferita è il 20 gennaio 1563. Secondo il computo, per le bolle papali, del calendario ai tempi di Pio IV (sistema cronologico cosidetto fiorentino connotato specificatamente con la dicitura </span><span style="font-family:Times New Roman, serif;"><span style="font-style: normal;">"</span></span><span style="font-style: normal;"> anno Incarnationis Domini </span><span style="font-family:Times New Roman, serif;"><span style="font-style: normal;">"</span></span><span style="font-style: normal;"> come appunto è nella nostra bolla) con inizio dell'anno al 25 marzo, la vera data sarebbe quella del </span><i>20 gennaio 1564</i><span style="font-style: normal;">, che è precisamente l'anno quinto del pontificato di Pio IV.</span></blockquote><span style="font-style: normal"></span><p></p> <p>In un altro saggio, <i>I fondamenti storici dell’indulgenza detta “del Perdono” di Melegnano</i><span style="font-style: normal">,</span><i> </i>conservato in formato elettronico nell'archivio della basilica di San Giovanni Battista <span style="font-style: normal">(il file riporta la data del 29/1/2002), afferma in modo più deciso</span>:</p> <p></p><blockquote><p>Per quanto riguarda l’anno, il computo <i>Incarnationis Dominicae</i> significa che, per la Santa Sede, l’anno iniziava non il 1° di gennaio, ma il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione della maternità di Maria, cioè della concezione di Gesù. E quindi l’anno finiva il giorno 24 marzo dell’anno dopo.</p> <p>Quindi, la data della bolla pontificia 20 gennaio 1563, per noi è precisamente il 20 gennaio 1564.</p> <p>Essendo stato il concilio di Trento chiuso definitivamente il 4 dicembre 1563, ecco che la nostra indulgenza, essendo nella data civile nostra 1564, è stata una delle prime che il papa ha voluto concederci appena finito da un mese e mezzo il memorabile concilio.</p></blockquote><p></p> <p>Come si vede, qui don Amelli afferma chiaramente che la bolla fu concessa il 20 gennaio 1564 secondo il nostro calendario.</p> <p>Approfondiamo la questione.</p> <p>“<span style="font-family:Times New Roman, serif;">È</span> nota”, dice il Cappelli nel suo manuale di <i>Cronologia</i>, “la diversità che correva nel Medio Evo tra paese e paese ed anche fra diversi in una stessa città, riguardo al principio dell'anno. Rimanendo uguale per tutti i sistemi l'indicazione dei mesi e dei giorni, la data dell'anno di uno stesso avvenimento poteva variare di una unità più o meno a seconda dello stile usato”.</p> <p>Lo stile odierno, che conta gli anni a partire dal primo gennaio, era quello usato dagli antichi Romani e non fu mai del tutto abbandonato. Ma nel Medio Evo furono molto usati alcuni altri stili legati alle feste religiose cristiane.</p> <p>Il più diffuso era lo stile della Natività, che faceva cominciare il nuovo anno col 25 dicembre. Anche i notai melegnanesi del Quattrocento lo usavano. Per loro, ad esempio, al 24 dicembre 1430 seguiva il 25 dicembre 1431, anticipando il nuovo anno di una settimana rispetto a noi. In altre parole, un documento del 24 dicembre 1430 era da loro datato “24 dicembre 1430”, esattamente come avremmo fatto noi; ma un documento del giorno successivo, cioè del 25 dicembre 1430, veniva datato “25 dicembre 1431”.</p> <p>Altri due stili, detti dell'Incarnazione, facevano invece cominciare l'anno il 25 marzo, festa dell'Annunciazione di Maria, cioè giorno del concepimento di Gesù. I due stili differivano tra loro esattamente di un anno: quello pisano anticipava di oltre nove mesi, quello fiorentino invece ritardava di quasi tre mesi.</p> <p>In pratica, per chi usava lo stile dell'Incarnazione al modo fiorentino i giorni dal primo gennaio al 24 marzo continuavano a essere contati come appartenenti all'anno precedente. Un documento datato con questo stile segna un anno in meno rispetto a noi dal primo gennaio al 24 marzo, mentre concorda con noi per il resto dell'anno. Per il modo pisano succedeva l'inverso.</p> <p>Orbene, è assodato che all'epoca di Pio IV la curia romana datava i brevi con lo stile della Natività, ma per le bolle usava lo stile dell'Incarnazione al modo fiorentino. Questo vuol dire che i documenti emanati lo stesso giorno dalla curia potevano riportare una data diversa, per quanto riguardava il numero dell'anno, a seconda che fossero bolle o brevi. A noi può sembrare strano, ma per loro era una consuetudine secolare.</p> <p>In conclusione non c'è dubbio che la vera data della bolla del Perdono sia il 20 gennaio 1564.</p>
<br />Bibliografia: <p>Cesare AMELLI, <i>Enciclopedia melegnanese</i>, fasc. 7: “Perdono – Testo della bolla – Festa e fiera”. Melegnano [1982?].</p> <p><span style="font-style: normal">Cesare AMELLI, </span><i>I fondamenti storici dell’indulgenza detta “del Perdono” di Melegnano</i><span style="font-style: normal">. [2002?].</span></p> <p>Luigi BARDELLI, “Una nuova ipotesi sulla data del Perdono”, in <i>Il Melegnanese</i>, VII (1974), n. 7 (1<span style="font-family:Times New Roman, serif;">°</span> aprile).</p> <p>Adriano CAPPELLI, <i>Cronologia, cronografia e calendario perpetuo</i>. 3. ed. aggiornata. Milano, Hoepli, 1969.
<br />
<br /></p> Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-13520484742885074372010-11-22T15:02:00.001+01:002010-11-22T15:07:16.005+01:00Giacinto Coldani (3)Ciao ai miei tre lettori: non sono morto... Ecco la terza puntata della biografia del canonico Giacinto Coldani (1696-1752).<br /><br />Un po' di tempo fa l'abbiamo lasciato residente a Milano nel 1728 per motivi di studio.<br /><br />Ora aggiungiamo che nel 1733 il nostro venne scelto a coprire uno dei due canonicati da poco creati dalla famiglia Baruffi nella collegiata di Melegnano, incarico che tenne fino alla morte, seguita in Melegnano il 4 settembre 1752. I funerali furono celebrati il giorno seguente, con la partecipazione dell'intero capitolo, e la salma fu tumulata nella chiesa di San Giovanni Battista sotto il pavimento davanti all'altar maggiore, nella tomba riservata ai prevosti e ai canonici.<br /><br />Della vita del Coldani canonico sappiamo poco. Possiamo immaginare che partecipasse alle varie funzioni liturgiche, cui era tenuto, contribuendo alla cura d'anime in caso di bisogno. Il <span style="font-style: italic;">Libro delle ordinazioni capitolari</span> registra la sua partecipazione a quasi tutte le riunioni del capitolo tra il 1733 e il 1752.<br /><br />Da questi verbali veniamo a sapere che il Coldani fu nominato archivista capitolare il 16 marzo 1743 e in questa veste redasse un inventario dell'archivio, tuttora conservato. A questa funzione il 17 gennaio 1749 aggiunse quella di sacrista.<br /><br />Ma è probabile che buona parte del suo tempo libero lo passasse, come ipotizza il Saresani, a leggere storie d'Italia e del ducato di Milano al fine di trarne quanto potesse riguardare la storia di Melegnano, "per presentarlo dappoi come in un sol quadro unito", e a frugare allo stesso scopo negli archivi del comune, della prepositura, delle confraternite e dei conventi di Melegnano.<br /><br />I risultati di queste ricerche furono da lui raccolti in due opere, completate la prima nel 1747 e la seconda nel 1749, che trattano rispettivamente della chiesa di San Giovanni Battista e del borgo di Melegnano.<br /><br />Ma di queste opere parleremo in un altro post.<br /><br />(<span style="font-style: italic;">continua...</span>)Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-70758189208980718682009-04-05T20:00:00.003+02:002009-04-05T20:33:55.191+02:00Vedove, mogli, amantiLeggendo il libro allegato alla rivista <span style="font-style: italic;">Le scienze</span>, in edicola questo mese, sono incappato in una notizia curiosa riguardante il matematico svedese Gösta Mittag-Leffler (1846-1927):<br /><blockquote>Secondo il folklore matematico, è a causa sua se non viene assegnato il premio Nobel per la matematica. Si racconta che avesse una relazione con la moglie di Nobel, il quale la scoprì. È una storiella divertente, ma Nobel non era sposato.<br /></blockquote>Se ne parla anche su Wikipedia <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/G%C3%B6sta_Mittag-Leffler">qui</a>: dal momento che Nobel non era sposato, si tratterebbe di una leggenda urbana.<br /><br />Questa notizia mi ha ricordato un'altra "leggenda urbana", quella legata alla concessione dell'indulgenza del Perdono da parte del papa Pio IV (Gian Angelo Medici) alla chiesa di San Giovanni Battista di Melegnano nel 1564. Così lo storico Ferdinando Saresani scrisse nel 1851:<br /><blockquote>Corre tuttora in Melegnano, e non interrotta pel longo volgere di anni la tradizione, che essendo il Medici solo ancora Cardinale, un giorno, dopo quelli che egli aveva passati per una visita a Milano, visitò questo Borgo, di cui era feudatario, per indi poi recarsi a Bologna, dove teneva il posto di Prolegato Apostolico. Gli abitanti tripudiavano di gioja al modesto contegno, ed alle amorevoli parole del porporato loro Signore; ma non così la vedova sua Cognata Maria Orsini, cui mordeva rancore, che a Lui fosse passata per diritto l'autorità del defunto di lei maritto Gian Giacomo, e ch'ella tanto vagheggiava per ambizione. Sopraffatta dall'irosa passione, non seppe dissimularne gli stimoli; ed all'Eminentissimo Cognato che già si appressava al Castello, non solo non degnò mostrarsi incontro, ma a colmo di dispetto, ordinò si alzasse il ponte levatojo, e gli fosse per via chiuso il passo ad entrarvi.<br /><br />Fu grande l'ingiuria di quella donna ambiziosa, ma non brillò meno fulgida la virtù di quel magnanimo Prelato, che non levossi a sdegno, nè diè parola di risentimento per sì flagrante offesa. Fatto egli invece esempio di mansuetudine e modestia rivolgeva il passo per riparare altrove, da che il giorno imbruniva, e a proseguire il suo viaggio correa per lunga tratta la strada, prima che si presentasse luogo opportuno a pernottare. Ma il Proposto Parroco d'allora non volle no, che gli sfuggisse un'occasione sì opportuna a testificare al Prelato suo Signore quanta venerazione egli nutrisse per lui, o quanta stima. Gli profferse a quest'uopo la casa sua parrocchiale, e vi dispose colla possibile decenza quell'alloggio, che il Prelato stesso accettò con tanta affettuosità di animo, che eguagliava il trasporto del cuore che glielo aveva offerto.<br /><br />Partì l'indomani il Medici, e col sorriso della sua bocca, e colle sue parole, mentre volea attestare al pietoso parroco la sua gratitudine per l'usatagli cortesia, voleva in pari tempo assicurarlo, che dove appena l'occasione si fosse presentata, l'avrebbe rimerito di premio. L'accorto Parroco lesse a quell'atto nell'animo del generoso porporato; e come egli seppe, che ricondotosi qual si era a Bologna, dopo la morte di Paolo IV, il Cardinale Medici venne assunto al trono Pontificio col nome di Pio IV°, presentì spuntata quell'epoca in cui dovesse compiersi una sua brama, che lo spirituale vantaggio de' suoi rendea sempre più ardente. A questo fine non servissi egli dello scritto; ma troppo bene sapendo che meglio di questo riesce e giova la parola viva, si condusse egli stesso a Roma, ed ai piedi del nuovo eletto Pontefice. E quale credete voi, sarà l'oggetto della sua domanda? Il vanitoso avrebbe chiesto tutt'altra cosa: ma il buon pastore, e sollecito del bene delle pecore a lui affidate, avvanzò un'istanza, perchè gli fosse concesso un tesoro che è meglio, che tutti i tesori della terra, voglio dire quella Plenaria Indulgenza, che tuttora fa distinto sovra mille altri, questo Borgo. [...]<br /><br />Di quale credibilità vorrà degnarsi dal lettore questa mia narrazione, non lo saprei calcolare</blockquote>Già Cesare Amelli nel 1963 evidenziava una grave incongruenza in questo racconto: la moglie di Gian Giacomo Medici, Marzia Orsini, era premorta al marito nel 1548, parecchi anni prima che il cognato Gian Angelo, il futuro Pio IV, diventasse cardinale.<br /><br />Anche qui una vedova inesistente, come una moglie inesistente nel caso di Nobel, ci segnala che siamo in presenza di una "leggenda urbana"?<br /><br />Lo stesso Amelli nel 1973 dichiarava:<br /><blockquote>Il racconto della tradizione che presenta la cognata vedova che alza il ponte levatoio per rifiutare il cardinale <i>è una storiella</i>, è una fantasiosa colorita fiaba da letteratura infantile. [...] A fondamento della concessione della Bolla non sta, dunque, una bieca arruffata vicenda familiare, e neppure un atto di specifica eccezionale riconoscenza campanilistica; ma sta il desiderio del papa Pio IV di diffondere l'uso delle indulgenze, secondo il rinnovato clima religioso morale della Controriforma e la nuova disciplina conciliare.<br /></blockquote>A queste parole allora avrei sottoscritto pienamente. Per come la vedevo, all'origine del racconto del Saresani c'era una leggenda eziologica nata tra la gente di Melegnano a causa del fraintendimento della parola "Perdono". Perché Pio IV aveva concesso il Perdono? Ovviamente perché in qualche modo era stato offeso. E da chi era stato offeso? Qui qualcuno aveva scatenato la fantasia, inventando una inesistente cognata vedova e un episodio degno di un romanzo storico d'ambientazione medioevale. Qualcun altro (forse lo stesso Saresani), al corrente del vero significato della parola "Perdono", aveva accolto la storia dell'offesa divenuta tradizionale, ma aveva collegato l'indulgenza a un sentimento di riconoscenza provato dal futuro papa per l'ospitalità dei melegnanesi.<br /><br />Ero molto soddisfatto da questa ricostruzione, che mi pareva economica e razionale. Tutto bene, dunque?<br /><br />Ahimè no, l'avevo fatta troppo semplice. Alla fine è saltato fuori che un rifiuto d'ospitalità c'era stato davvero e che si trattava proprio di "una bieca arruffata vicenda familiare", legata ai pessimi rapporti tra Giovan Angelo da un lato e il fratello Agosto e la moglie di quest'ultimo dall'altro. Lo stesso Amelli ha scoperto la fonte e ne parla nel suo libro del 1995 su Pio IV. Poiché il libro da cui l'Amelli ha tratto la notizia può essere letto su internet, metto qui un bel link alla pagina:<br /><br /><a href="http://books.google.it/books?id=hzRJAAAAMAAJ&dq=intitle%3Aambasciatori&lr=&as_brr=3&as_pt=ALLTYPES&client=firefox-a&pg=PA94&ci=166,103,763,405&source=bookclip"><img src="http://books.google.it/books?id=hzRJAAAAMAAJ&pg=PA94&img=1&zoom=3&hl=it&sig=ACfU3U13JjYxeRJ0XGJMWZSFK2WFhL1O0Q&ci=166%2C103%2C763%2C405&edge=1" alt="Testo non disponibile" border="0" /></a><br /><br />Allora: la storia dell'affronto subito dal futuro papa Pio IV compare in un volume pubblicato nel 1857, <span style="font-style: italic;">sei anni dopo</span> le parole del Saresani, in una relazione dell'ambasciatore veneto Girolamo Soranzo datata 14 giugno 1563, che il curatore Albèri dichiara inedita (a pag. 65). A meno che l'episodio non sia citato anche in qualche altra opera precedente al XIX secolo, dobbiamo concludere che a Melegnano nell'Ottocento circolasse una tradizione orale vecchia di tre secoli, appena appena deformata, che (forse erroneamente) veniva collegata con l'indulgenza del Perdono.<br /><br />La morale? Forse ad avere una relazione col matematico Mittag-Leffler non è stata l'inesistente moglie di Nobel ma l'<a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Alfred_Nobel#Personal_background">amante</a>. Bisognerebbe approfondire.<br /><br /><br />Bibliografia:<br /><ul><li>John Derbyshire, <span style="font-style: italic;">L'ossessione dei numeri primi</span><span style="font-style: italic;">. Bernhard Riemann e il principale problema irrisolto della matematica</span>, Torino, Bollati Boringhieri, 2006 (ora La biblioteca delle Scienze, 2009), pag. 108, nota 3.</li><li>Giacinto Coldani - Ferdinando Saresani, <span style="font-style: italic;">Cenni storici dell'antico e moderno insigne borgo di Melegnano</span>, Melegnano, Dedè, 1886, pag. 46-48 (= f. 13,2ss. del manoscritto).</li><li>Cesare Amelli, <span style="font-style: italic;">Il Perdono di Pio IV</span>, Melegnano 1963 (I libri della collana storica melegnanese, 5), pag. 24-25.</li><li>Cesare Amelli, <span style="font-style: italic;">Festa e fiera del Perdono di Melegnano</span>, Melegnano 1973, pag. 8-9.</li><li>Cesare Amelli, <span style="font-style: italic;">Il cuore e la legge, Giovanni Angelo Medici papa Pio IV</span>, Melegnano 1995. pag. 58-59.</li><li><a style="font-style: italic;" href="http://books.google.it/books?id=hzRJAAAAMAAJ&dq=intitle%3Aambasciatori&lr=&as_brr=3&as_pt=ALLTYPES&client=firefox-a&pg=PA94&ci=166,103,763,405&source=bookclip">Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il secolo decimosesto edite dal cav. Eugenio Albèri</a>, Firenze, Società editrice fiorentina, 1857, volume X (serie II, tomo IV), pag. 94.</li></ul>Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-32614802508700761272009-03-05T14:17:00.006+01:002009-03-15T00:41:35.887+01:00L'eresia di padre CoyneAccolto da recensioni favorevoli, lo scorso autunno è uscito da <a href="http://www.longanesi.it/variabiledio/home.htm">Longanesi</a> <span style="font-style: italic;">La variabile Dio. In cosa credono gli scienziati? Un confronto tra George Coyne e Arno Penzias</span> di Riccardo Chiaberge, giornalista del Sole 24 Ore. Tutti hanno apprezzato l'idea di mettere allo stesso tavolo due personaggi come il cattolico George Coyne, gesuita e direttore della Specola Vaticana di Castelgandolfo dal 1978 al 2006, e il laico Arno Penzias, ebreo ateo e premio Nobel per la fisica nel 1978, per trattare il tema spinoso del rapporto tra scienza e fede.<br /><br />Ho trovato il libro molto interessante, ma non voglio farne l'ennesima recensione.<br /><br />Voglio parlare di una stranezza, un particolare secondario rilevato per quanto ne so dal solo Piergiorgio Odifreddi in una sua <a href="http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200809articoli/36850girata.asp">recensione</a>: nel corso del dibattito padre Coyne avrebbe espresso l'opinione che Dio non sarebbe onnisciente. Dice Odifreddi:<br /><blockquote>Quanto a padre Coyne, non solo non vede Dio come la spiegazione dei fenomeni naturali, ma addirittura non crede che Egli potesse sapere che sarebbero comparsi gli esseri umani: poteva solo sperarlo, e pregare affinché noi diventassimo realtà.<br /></blockquote>Anche Orlando Franceschelli, a pag. 25 dell'<a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/almanacco-di-scienze-darwin-1809-2009/"><span style="font-style: italic;">Almanacco di scienze</span></a> di <span style="font-style: italic;">Micromega</span> appena uscito in edicola, attribuisce a padre Coyne questa eresia. Perché negare l'onniscienza divina è un'eresia bell'e buona.<br /><br />Padre Coyne è dunque un eretico? Ma la benevola recensione dell'<a href="http://www.longanesi.it/variabiledio/avvenire25092008.pdf">Avvenire</a> non ne fa cenno. E onestamente anch'io faccio molta fatica a credere a tale misfatto. Ho letto il libro <span style="font-style: italic;">Viandanti nell'universo. Astronomia e senso della vita</span> di George Coyne e Alessandro Omizzolo (Mondadori 2000) e ci ho trovato la più perfetta ortodossia.<br /><br />Ma andiamo a pag. 40-41 del libro di Chiaberge. Le precise parole di padre Coyne sono queste:<br /><blockquote>"L'universo rivela il dinamismo dell'evoluzione. Avrebbe Dio potuto sapere se fosse stato solo immanente nell'universo e non trascendente? Avrebbe potuto sapere che noi saremmo apparsi sulla Terra dopo miliardi di anni dal Big Bang? No, non poteva saperlo. Non poteva sapere ciò che non era conoscibile e la comparsa degli esseri umani non è stata soltanto il risultato di processi necessari, ma di una mescolanza di caso e necessità e di un universo molto fertile. Dio sperava che noi saremmo un giorno esistiti. Potrebbe aver pregato perché diventassimo una realtà vivente. Ma non avrebbe potuto rendere necessario questo esito, perché ha fatto un universo che non ci ha determinati solo attraverso processi di necessità. Se credo in Dio, se mi sforzo di capire il Dio che amo e che credo abbia creato l'universo, allora la natura stessa dell'universo ha qualcosa da dirmi riguardo a quel Dio."<br /></blockquote>Nel brano c'è qualcosa che non va. Si comincia affermando che, se Dio fosse solo immanente nell'universo, non avrebbe potuto prevedere la comparsa dell'uomo, perché l'universo ci ha generati non solo tramite leggi necessarie ma anche tramite il caso. Ma poi il brano prosegue affermando in modo assoluto, e non più sotto ipotesi, questa mancanza di preveggenza divina.<br /><br />Sembrerebbe che Chiaberge abbia frainteso il discorso di padre Coyne. Ne abbiamo la conferma più avanti nel libro, a pag. 91-92:<br /><blockquote>[Chiaberge:] Ma torniamo all'ipotesi del multiverso. I cristiani fondamentalisti, come pure una parte della Chiesa cattolica, vedono in queste teorie l'ultimo disperato tentativo degli atei di dimostrare che non esiste nessuna finalità, nessuna teleologia, e che il cosmo, l'emergere della vita e della coscienza, sono governati dalla cieca casualità. Ma George ha affermato poco fa qualcosa che sembra avallare queste tesi. Ha detto che Dio, nell'atto di creare il mondo, non poteva immaginare che l'uomo avrebbe fatto a un certo punto la sua comparsa... Quindi poteva ben creare infiniti universi, e (per usare un'espressione di Einstein) giocare a dadi con il mondo e stare a vedere cosa sarebbe successo.<br />Il gesuita astronomo ci ferma con decisione. "Un momento, io avevo premesso che, per amore di argomentazione, consideravo Dio solo immanente nel mondo e non anche trascendente, come in effetti è. La verità teologica nella tradizione cattolica e cristiana è che Dio, mentre è immanente, è anche trascendente ed eterno. Il che significa che per Dio non esiste il tempo, o, se preferisci, che ogni cosa è simultanea a Dio. Lui conosce tutto subito. Ma io faccio l'ipotesi di un Dio solo immanente all'universo, ammesso e non concesso che lo sia, solo per enfatizzare la natura dell'universo. Cioè, osservo i processi evolutivi che sono all'opera nell'universo, insieme caso e necessità. Ci sono delle leggi di natura - quale che sia il significato che vogliamo dare a questa espressione. Se faccio cadere quest'oggetto - dice sollevando il bicchiere dal tavolo - esso cade. Se lo faccio cadere sulla luna, cade, con una diversa accelerazione ma cade. Io accetto che la legge di gravità e le leggi della combinazione chimica, per esempio, siano universali. Altrimenti non sarei in grado di fare il lavoro scientifico."<br /></blockquote>Anche qui la sintesi è probabilmente carente (si fanno esempi di necessità, ma nessuno di caso), ma almeno il senso è chiaro: per padre Coyne un Dio immanente nell'universo, ma non anche trascendente, potrebbe sapere solo ciò che è prevedibile in base alle leggi naturali. Dal momento che l'evoluzione dell'universo non è esclusivamente frutto di processi necessari, un Dio solo immanente non avrebbe potuto prevederne lo sviluppo. Ma un Dio trascendente "conosce tutto subito".<br /><br />Odifreddi (e Franceschelli) ha dunque attribuito a padre Coyne un'opinione che padre Coyne in realtà non ha espresso. Padre Coyne non è un eretico.Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-32855557857559422242009-02-24T22:41:00.003+01:002009-03-01T10:11:11.200+01:00Giacinto Coldani (2)Ecco la seconda puntata della biografia del canonico Giacinto Coldani (1696-1752).<br /><br />Nel 1717, dopo un silenzio quasi decennale (dovuto sicuramente alla lacunosità delle nostre fonti), la famiglia Coldani riappare negli Stati d'anime come residente alla Rampina. Rispetto alla precedente notizia del 1708, mancano Antonio e Francesca (morti? sposati?), ma è presente l'ultimogenita Lucia. La famiglia è ancora registrata alla Rampina dal 1718 al 1721, ma nell'ultimo anno non compaiono più Giacinto e Angela Francesca. (Per la segnalazione di questi Stati d'anime ringrazio Doretta Vignoli.)<br /><br />Allo stato attuale delle ricerche non siamo in grado di precisare il curriculum scolastico del Coldani né quando e come maturò la sua vocazione ecclesiastica.<br /><br />A quei tempi il seminario costituiva la strada per il sacerdozio solo per una minoranza degli aspiranti. Molti chierici compivano gli studi in collegi o scuole di religiosi, o trasferendosi in casa di un sacerdote già esperto. La curia arcivescovile verificava la maturità dei candidati prima di ammetterli agli ordini e concedeva la licenza di celebrare messe, amministrare i sacramenti e tenere scuola, secondo le regole fissate dalla legislazione diocesana. (Per le notizie sul reclutamento del clero secolare nel XVIII secolo ringrazio l'amico Marco Gerosa, che mi ha indirizzato a un saggio di Danilo Zardin.)<br /><br />Il Coldani probabilmente non frequentò il seminario. I registri delle ordinazioni, conservati nell'Archivio storico della diocesi di Milano, indicano esplicitamente la provenienza di un candidato dai seminari diocesani, ma per il Nostro è indicata solo l'appartenenza alla prepositura di Melegnano o, più genericamente, alla diocesi di Milano.<br /><br />Il 16 dicembre del 1718 il Coldani ricevette la tonsura; il 23 febbraio 1720 gli ordini minori; il 21 settembre dello stesso anno il suddiaconato; il 21 dicembre il diaconato. L'8 marzo 1721 finalmente venne ordinato sacerdote.<br /><br />In vista dell'ordinazione al suddiaconato veniva predisposto dalla Cancelleria arcivescovile un fascicolo personale, che documentasse i titoli posseduti dal candidato. Da questo fascicolo traiamo alcune informazioni.<br /><br />Il chierico Giacinto Coldani risulta residente in Milano, nella parrocchia di San Calimero. Ha i titoli morali richiesti: si è confessato e comunicato nell'anno 1720 due volte al mese, ha svolto nella chiesa di San Calimero "le sue fontioni ecclesiastiche in habito clericale, con la cotta e chierica", partecipando "alla Santa Messa e Vesperi" "e si è diportato laudabilmente". E finalmente veniamo a sapere quali scuole stava frequentando: "Scuola di Lettere. Et è venuto di continuo alla Scuola nostra, dove ha atteso a imparare, e si è diportato costumatamente", firmato "D. Massimiliano Butio, Chierico Regolare di S. Paolo, Maestro d'Humanità nelle Scuole di S. Alessandro". Il Coldani dunque frequentava le scuole tenute dai Barnabiti presso la chiesa di Sant'Alessandro di Milano.<br /><br />Per essere ordinato era anche necessario che il candidato dimostrasse di avere benefici ecclesiastici sufficienti al proprio mantenimento, eventualmente integrati con parte del proprio patrimonio. Il Coldani aveva ottenuto due benefici ecclesiastici: uno era un "titolo vitalizio di messe sessantotto da celebrarsi all'altare di San Theodoro nella chiesa parochiale di San Satiro" di Milano, alle quali era tenuto il marchese Cesare Brivio; il secondo era un "altro titolo di messe cento e settanta, per la celebratione delle quali" erano "obligati il Priore e Scuolari dell'Oratorio di Vizzolo, membro della Chiesa Prepositurale di Melegnano". Da apposita perizia la rendita dei due vitalizi risultava complessivamente di 257 lire e mezzo, ritenute insufficienti. Per poter essere ordinato, il Coldani aveva aggiunto alcuni beni propri, portando la rendita annua complessiva a 496 lire e mezzo.<br /><br />Nuova notizia nel 1728. Nell'elenco dei cappellani dipendenti dal vicariato di Melegnano per motivo di beneficio o di residenza troviamo il Coldani: risiedeva a Milano, per ragioni di studio, e si faceva dire le messe nella chiesa di Vizzolo dai frati Serviti di Melegnano. Quali scuole ancora stesse frequentando nel 1728 non sappiamo.<br /><br />(<span style="font-style: italic;">continua</span>...)Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-83211771964349462772009-01-21T19:00:00.002+01:002009-02-17T19:14:53.873+01:00Meregnanin - MeregnanittSu Wikipedia non c'è una voce biografica dedicata a Francesco Cherubini (1789-1851), noto autore del <span style="font-style: italic;">Vocabolario milanese-italiano</span>, pubblicato in due volumi nel 1814 e poi, grandemente aumentato, in quattro volumi dal 1839 al 1843 (con un volume postumo di aggiunte del 1856).<br /><br />In compenso il <span style="font-style: italic;">Vocabolario milanese-italiano</span> ed altre quattro opere del Cherubini sono liberamente leggibili e scaricabili da <a href="http://books.google.it/books?-a&lr=&q=inauthor:francesco+inauthor:cherubini&as_pt=ALLTYPES&as_brr=3">Google libri</a>.<br /><br />Tra di esse c'è il <span style="font-style: italic;">Vocabolario patronimico italiano o sia Adjettivario italiano di nazionalità</span>, pubblicato postumo nel 1860 a cura di Giovanni Battista De Capitani. Si tratta di un dizionario di aggettivi derivati soprattutto da nomi di luogo, partendo da AARBORGHESE (di Haarborg in Germania) e finendo con ZWONIGRODESE (di Zwonigrod in Dalmazia).<br /><br />L'opera è interessante per chi studia la storia della lingua italiana, ma qui ne parlo perché vi si trova una curiosa notizia sul nome degli abitanti di Melegnano e di altri luoghi vicini.<br /><br />A pag. 150 c'è:<br /><blockquote>MARIGNANESE. Lo stesso che Melegnanese. V.</blockquote>A pag. 152 troviamo:<br /><blockquote>MELEGNANESE, di Melegnano nel Milanese. (I paesani dicono però <span style="font-style: italic;">I Meregnanitt</span>.) - V. anche MARIGNANESE.</blockquote>Che i Melegnanesi nella prima metà dell'800 chiamassero se stessi <span style="font-style: italic;">Meregnanitt</span> è ribadito nell'introduzione allo stesso <span style="font-style: italic;">Vocabolario patronimico</span> (pag. 8). Il Cherubini, dopo aver constatato la grande varietà delle desinenze usate nei patronimici (ad esempio Bergamasco, Torinese, Aquinate, Romano, Canosino, Bosinco, Alemanno ecc.), cerca di determinare le ragioni che concorrono a tale varietà. Una di esse è la tendenza a conformare la desinenza dei centri minori a quella dei vicini centri maggiori:<br /><blockquote>Di questa prepotenza abbiamo testimonio in più casi la popolar desinenza dei derivati dal nome di paesi minori conformatasi a quella del maggiore al cui dominio immediato soggiaciono ne' rispetti economici, e così anche in quello del linguaggio. Di fatto il <span style="font-style: italic;">Mortarino</span> si trae seco <span style="font-style: italic;">Lumellino</span>, <span style="font-style: italic;">Trumellino</span>, ec.; il <span style="font-style: italic;">Bosinco</span>, l'<span style="font-style: italic;">Alesaninco</span>, l'<span style="font-style: italic;">Orezzinco</span>; il <span style="font-style: italic;">Comasco</span> ha al suo séguito <span style="font-style: italic;">Argegnasco</span>, <span style="font-style: italic;">Bellanasco</span>, <span style="font-style: italic;">Mandellasco</span>, <span style="font-style: italic;">Tornasco,</span> <span style="font-style: italic;">Varennasco</span>, ec,; il <span style="font-style: italic;">Corfiotto</span> trae seco il <span style="font-style: italic;">Gardichiòto</span>, il <span style="font-style: italic;">Pargagnòto</span>, ec., e così va' discorrendo. Anche nel nostro Basso Milanese que' di Melegnano detti <span style="font-style: italic;">Meregnanitt</span> si obligarono que' da S. Angelo, quei da Landriano e quei da Binasco a chiamarsi <span style="font-style: italic;">Santangiolitt</span>, <span style="font-style: italic;">Landrianitt</span>, <span style="font-style: italic;">Binaschitt</span>, ec.</blockquote>Ed ecco puntualmente le voci.<br /><br />Pagina 194:<br /><blockquote>SANTANGIOLINO, di S. Angelo nel Pavese, nel Lodigiano, ec. [La voce è incoerente alla lingua, e i locali dicono <span style="font-style: italic;">I Santangiolitt</span>.]</blockquote>Pagina 138:<br /><blockquote>LANDRIANESE, di Landriano nel Basso Milanese. (I locali però dicono: <span style="font-style: italic;">On Landrianin</span>, <span style="font-style: italic;">I Landrianitt</span>.)<br /></blockquote>Pagina 75:<br /><blockquote>BINASCHINO, di Binasco nel Milanese. (I locali dicono i <span style="font-style: italic;">Binaschitt</span>.)<br /></blockquote><span style="font-style: italic;">Meregnanitt</span>, <span style="font-style: italic;">Binaschitt</span>, <span style="font-style: italic;">Landrianitt</span>, <span style="font-style: italic;">Santangiolitt</span>? Finora davo per scontato che l'unica forma usata fosse quella in -<span style="font-style: italic;">in</span>, al singolare come al plurale. Ma a pensarci un momento, il plurale in -<span style="font-style: italic;">itt </span>non dovrebbe sorprendermi. Ancora oggi a Milano sono conosciuti i <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Martinitt">Martinitt</a>.<br /><br />Lo stesso Cherubini ci spiega (pag. 275 della <span style="font-style: italic;">Sopraggiunta</span> al <span style="font-style: italic;">Vocabolario milanese-italiano</span>):<br /><blockquote>Fanno eccezione alla regola generale dei plurali maschili di cui sopra [cioè che sono indeclinabili] quelli terminanti in <span style="font-style: italic;">all</span>, <span style="font-style: italic;">ell</span>, <span style="font-style: italic;">oll</span>, <span style="font-style: italic;">ull</span>, <span style="font-style: italic;">ètt</span>, <span style="font-style: italic;">in</span>, che al plurale fanno <span style="font-style: italic;">aj</span>, <span style="font-style: italic;">ej</span>, <span style="font-style: italic;">jo</span>, <span style="font-style: italic;">uj</span>, <span style="font-style: italic;">ìtt</span>, <span style="font-style: italic;">itt</span>. [...] Basin, Basellin, Sottanin, Didin, Scarpin, Tinivellin, Guantin, Ollin <span style="font-style: italic;">fanno</span> Basitt, Basellitt, Sottanitt, Diditt, Scarpitt, Tinivellitt, Guantitt, Ollitt. In città abbiamo perduta questa variazione plurale per <span style="font-style: italic;">Giardin</span>, <span style="font-style: italic;">Spin</span>, <span style="font-style: italic;">Pollin</span>; nel contado esiste ancora e dicono Zarditt, Spitt, Pollitt.</blockquote>A metà dell'Ottocento cominciava dunque a perdersi il plurale in -<span style="font-style: italic;">itt</span>. Una ricerca tra i testi degli ultimi due secoli potrebbe dirci quando cessò l'uso di <span style="font-style: italic;">Meregnanitt</span> in favore dell'indeclinabile <span style="font-style: italic;">Meregnanin</span>.<br /><br />A proposito dei Santangiolini, mia moglie (meregnanina doc) mi assicura che di solito sono chiamati <span style="font-style: italic;">Barasin</span>. Mah...Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-5960332607914925082008-12-27T18:00:00.002+01:002008-12-27T18:00:00.953+01:00Giacinto Coldani (1)L'amica Doretta Vignoli, archivista della basilica di San Giovanni Battista in Melegnano, mi chiede di pubblicare in internet i risultati delle mie ricerche su Giacinto Coldani, il primo storico locale, vissuto nel XVIII secolo. Obbedisco, come disse quel tale; ma premetto che la ricerca è tuttora in corso e i risultati non sono completi.<br /><br />Per un primo inquadramento partiamo dallo storico Cesare Amelli (1924-2002), che ha trattato del Coldani sia nel <span style="font-style: italic;">Dizionario biografico dei Melegnanesi</span> (1998) sia nella <span style="font-style: italic;">Storia della letteratura melegnanese </span>(2000). Fortunatamente questi testi sono stati pubblicati anche sul web, rispettivamente <a href="http://www.melegnano.net/rif1003.htm">qui</a> e <a href="http://www.melegnano.net/artisti/artisti01b3.htm">qui</a>. Ci interessano anche le pagine che nelle stesse opere l'Amelli ha dedicato a Ferdinando Saresani, il secondo storico melegnanese, che nel 1851 si basò sull'opera del Coldani per i propri <span style="font-style: italic;">Cenni storici dell'antico e moderno insigne borgo di Melegnano</span>, stampati postumi nel 1886 (eccole <a href="http://www.melegnano.net/rif1017.htm">qui</a> e <a href="http://www.melegnano.net/artisti/artisti01b5.htm">qui</a>).<br /><br />Avete letto le pagine dell'Amelli? Bene, proseguiamo.<br /><br />Le notizie biografiche sono piuttosto sommarie e non si capisce quali e quante siano le opere storiografiche scritte dal Coldani. Oltre a un <span style="font-style: italic;">Ragguaglio della chiesa di San Giovanni Battista del borgo di Melegnano</span>, conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, si parla genericamente di manoscritti del 1749 che servirono al Saresani per i suoi <span style="font-style: italic;">Cenni storici</span> del 1851. Evidentemente l'autore non ha fatto ricerche approfondite sul Coldani, cosa del tutto comprensibile in lavori pionieristici che coprono secoli di storia.<br /><br />Nel preparare la pubblicazione dei manoscritti del Coldani, finora inediti, non potrei accampare per me una tale giustificazione. Ho quindi fatto ricerche nell'Archivio della parrocchia di San Giovanni Battista di Melegnano, nell'Archivio storico della diocesi di Milano e nell'Archivio di Stato di Milano. Altri archivi devono essere consultati (e anche gli archivi già consultati potrebbero riservare ancora qualche sorpresa), ma è già possibile rimpolpare l'Amelli con un bel po' di notizie.<br /><br /><br />Giacinto Coldani nacque a Melegnano il 16 agosto 1696. Era figlio di Ambrogio e di Domenica Borella. Il battesimo gli fu impartito il giorno successivo dal canonico curato Alessandro Visconti; il padrino fu lo zio paterno Carlo Giuseppe.<br /><br />Il padre Ambrogio, figlio di Antonio, abitante a Casalmaiocco, si era sposato in prime nozze il 20 gennaio 1693 con Francesca Brazola, abitante a Melegnano, figlia di Matteo Brazzolo e Lucia. Celebrante fu il canonico Baldino Curti e testimoni il canonico don Dionigio Sardi e Gasparo de Massari. Di Ambrogio non ho visto l'atto di battesimo, ma al momento delle nozze doveva essere sui 25 anni. La sposa, chiamata Giacoma Francesca nell'atto di battesimo, era nata il 17 marzo 1670 a Melegnano e aveva quindi quasi 23 anni.<br /><br />Il 15 marzo 1694 alla coppia nacque un figlio, Antonio Giovanni, ma la madre non sopravvisse. La morte, di cui ignoro la data esatta, probabilmente avvenne fuori Melegnano. Un mese e mezzo dalla morte della moglie, il 4 maggio 1694, Ambrogio si sposò con Domenica Borella nella parrocchia di San Gualtero nei Chiossi di Porta Regale a Lodi, dove la sposa abitava. Era figlia del fu Giacinto e al momento delle nozze doveva avere circa diciotto anni.<br /><br />Giacinto, secondogenito di Domenica (e terzogenito di Ambrogio), prese dunque il nome dal nonno materno.<br /><br />In totale, secondo i registri dei battesimi della parrocchia di Melegnano, da Ambrogio e Domenica nacquero nove figli, di cui tre morti in tenera età (una Angela Caterina e due Giovanni Battista):<br /><blockquote>28-12-1694 Angiola Cattarina<br />16-8-1696 Giacinto<br />2-10-1698 Giovanni Battista<br />24-11-1699 Maria Cattarina<br />11-11-1701 Angela Francesca<br />9-12-1703 Impolita Giovanna<br />4-11-1705 Giovanni Battista<br />23-10-1707 Giovanni Battista<br />6-5-1710 Anna Lucia</blockquote><blockquote></blockquote>Gli Stati d'anime conservati nell'archivio della prepositura di Melegnano sono pochi e lacunosi. La famiglia Coldani doveva essere residente nella parrocchia, dal momento che tutti i figli vi figurano battezzati, ma un solo Stato d'anime documenta la presenza della famiglia a Riozzo nel 1708:<br /><blockquote>Ambrogio Coldano ccc 40<br />Domenica Jugali ccc 32<br />Antonio ccc 14<br />Giacinto cc 12<br />Maria c 8<br />Francesca 6<br />Giovanna 4<br />Giovanni Battista<br />Angela Genovese, Servit. 35</blockquote>(le c credo significhino confessato, comunicato e cresimato)<br /><br />(<span style="font-style: italic;">continua...</span>)Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-57048822257588157282008-12-24T17:50:00.002+01:002008-12-25T23:37:42.709+01:00Spulciature (1): gli angeli e i vermiLeggendo qua e là, succede di incappare in strani errori, non errori di stampa o di traduzione, e neppure affermazioni discutibili; ma errori di fatto, che mi paiono sorprendenti per la qualità dei loro autori, spesso illustri studiosi a prima vista incapaci di simili défaillance. Queste "spulciature" sono dedicate a questi errori. Ma credetemi che non è spirito di emulazione: so bene che noi siamo nani sulle spalle di giganti.<br /><br /><br /><span style="font-weight: bold;">Gli angeli e i vermi</span><p>Ho letto di recente il saggio di Luigi Luca CAVALLI SFORZA, <i>L'evoluzione della cultura</i> (Torino, Codice edizioni, copyr. 2008, nella collana Paperback; ma la prima edizione è del 2004). Leggo a pag. 6:</p> <p class="citazione"></p><blockquote>Si poteva dubitare che la Terra girasse intorno al Sole e, magari, continuare a credere che la Luna fosse una forma di formaggio con i buchi, come pensava il protagonista di un famoso romanzo storico di Carlo Ginzburg (Ginzburg, 1976), finché non ci si è andati.</blockquote><p></p> <p>Il libro di Carlo Ginzburg, a cui si fa riferimento, è regolarmente riportato nella Bibliografia a pag. 144: "Ginzburg, C. 1976. <i>Il formaggio e i vermi: il cosmo di un mugnaio del '500</i>. Torino: Einaudi." Dal momento che ne sono fresco di lettura, non ho faticato a cogliere l'inesattezza della citazione.</p> <p>In primo luogo non si tratta di un romanzo storico; e in secondo luogo il protagonista non pensava che la Luna fosse un formaggio coi buchi: il formaggio c'entra, ma la Luna e i buchi no. Strana svista, da ripartire equamente (credo) tra Luigi Luca Cavalli Sforza, autore, e Telmo Pievani e Elisa Faravelli, "che hanno pazientemente rivisto il manoscritto", come riportato nella prefazione.</p> <p>Il libro di Carlo Ginzburg racconta la storia vera di un mugnaio friuliano, Domenico Scandella detto Menocchio, di cui ricostruisce la vicenda sulla base principalmente delle carte conservate nell'archivio della curia arcivescovile di Udine. Nel 1583 lo Scandella fu denunciato al Sant'Uffizio per affermazioni in odore di eresia. La sua strana cosmogonia è spiegata da lui stesso all'inquisitore nel 1584, durante gli interrogatori nel carcere del Sant'Uffizio di Concordia:</p> <p class="citazione"></p><blockquote>«Io ho detto che, quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme; et quel volume andando così fece una massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel deventorno vermi, et quelli furno li angeli; et la santissima maestà volse che quel fosse Dio et li angeli; et tra quel numero de angeli ve era ancho Dio creato anchora lui da quella massa in quel medesmo tempo, et fu fatto signor con quattro capitani, Lucivello, Michael, Gabriel et Rafael. Qual Lucibello volse farsi signor alla comparation del re, che era la maestà de Dio, et per la sua superbia Iddio commandò che fusse scaciato dal cielo con tutto il suo ordine et la sua compagnia; et questo Dio fece poi Adamo et Eva, et il populo in gran multitudine per impir quelle sedie delli angeli scacciati. La qual multitudine, non facendo li commandamenti de Dio, mandò il suo figliol, il quale li Giudei lo presero, et fu crucifisso». E soggiunse: «Io non ho detto mai che si facesse picar come una bestia» (era una delle accuse che gli erano state rivolte: in seguito ammise che sì, forse poteva aver detto qualcosa del genere). «Ho ben detto che si lassò crucificar, et questo che fu crucifisso era uno delli figlioli de Dio, perché tutti semo fioli de Dio, et di quella istessa natura che fu quel che fu crucifisso; et era homo come nui altri, ma di maggior dignità, come sarebbe dir adesso il papa, il quale è homo come nui, ma di più dignità de nui perché può far; et questo che fu crucifisso nacque de s. Iseppo et de Maria vergine». (p. 8-9)</blockquote><p></p> <p>Come si vede, Menocchio non credeva che la luna fosse di formaggio, ma che gli angeli (e Dio stesso) fossero stati generati dal caos primordiale, come dal formaggio sono generati i vermi.</p> <p>La sentenza, emessa il 17 maggio 1584, condannò Menocchio all'abiura, a compiere varie penitenze salutari, a portare un "habitello" crociato e al carcere a vita. Dopo quasi due anni la pena fu commutata (per buona condotta): lo Scandella lasciò il carcere di Concordia con l'obbligo di non allontanarsi dal suo villaggio, di confessarsi regolarmente, di non parlare delle sue opinioni eretiche e di portare l'"habitello". Ma non riuscì a stare zitto per troppo tempo e il 12 luglio del 1599 ricomparve in stato d'arresto davanti all'inquisitore a Portogruaro. Il nuovo processo si concluse il 2 agosto: la sentenza lo dichiarò "relapso", cioè ricaduto nell'errore. Venne ancora sottoposto ad altri interrogatori (con tortura) per ottenere i nomi dei complici, senza risultato: in realtà Menocchio non aveva complici, avendo elaborato le proprie teorie in perfetta solitudine.</p> <p class="citazione"></p><blockquote>Nonostante la conclusione del processo, la vicenda di Menocchio non era ancora finita; la parte più straordinaria, in un certo senso, cominciò proprio allora. Vedendo accumularsi per la seconda volta le deposizioni contro Menocchio, l'inquisitore di Aquileia e Concordia aveva scritto a Roma, alla congregazione del Sant'Uffizio, per informarla dell'accaduto. Il 5 giugno 1599 uno dei membri più autorevoli della congregazione, il cardinale di Santa Severina, rispose insistendo perché si arrivasse al più presto alla carcerazione di «quel tale della diocese di Concordia che <i>aveva</i> negata la divinità di Christo signor nostro», «per essere la sua causa gravissima, massime che altre volte è stato condannato per heretico». Ordinava inoltre che si confiscassero i suoi libri e le sue «scritture». La confisca avvenne; si trovarono, come abbiamo visto, anche delle «scritture» - non sappiamo di quale natura. Visto l'interesse di Roma per il caso, l'inquisitore friulano inviò alla congregazione una copia di tre denunce contro Menocchio. Il 14 agosto, nuova lettera del cardinale di Santa Severina: «quel relasso... ne' suoi essamini si scuopre atheista», quindi bisogna procedere «co' debiti termini di giustitia anco per trovare i complici»; la causa è «gravissima», perciò «Vostra Reverentia mandi copia del suo processo o almeno sommario». Il mese successivo arrivò a Roma la notizia che Menocchio era stato condannato a morte; ma la sentenza non era stata ancora eseguita. Probabilmente per un tardivo senso di clemenza l'inquisitore friulano esitava. Il 5 settembre scrisse alla congregazione del Sant'Uffizio una lettera (che non ci è rimasta) per comunicare i suoi dubbi. La risposta spedita il 30 ottobre dal cardinale di Santa Severina, a nome dell'intera congregazione, fu durissima: «le dico per ordine della Santità di Nostro Signore ch'ella non manchi di procedere con quella diligenza che ricerca la gravita della causa, a ciò che non vada impunito de' suoi horrendi et essecrandi eccessi, ma co 'l debito et rigoroso castigo sia essempio agli altri in coteste parti: però non manchi di esseguirlo con ogni sollecitudine et rigore di animo, che così ricerca l'importanza della causa, et è mente espressa di Sua Beatitudine».<br />Il capo supremo della cattolicità, il papa in persona, Clemente VIII, si chinava verso Menocchio, divenuto membro infetto del corpo di Cristo, per esigere la sua morte. Negli stessi mesi a Roma si andava concludendo il processo contro l'ex frate Giordano Bruno. È una coincidenza che può simboleggiare la duplice battaglia, verso l'alto e verso il basso, condotta dalla gerarchia cattolica in questi anni, per imporre le dottrine approvate dal concilio di Trento. Di qui l'accanimento, altrimenti incomprensibile, contro il vecchio mugnaio. Poco tempo dopo (13 novembre) il cardinale di Santa Severina tornò alla carica: «Non manchi Vostra Reverentia di procedere nella causa di quel contadino della diocese di Concordia, inditiato di haver negata la virginità della beatissima sempre Vergine Maria, la divinità di Christo signor nostro, et la providenza d'Iddio, secondo già le scrissi per ordine espresso di Sua Santità: perché la cognitione di cause di tanta importanza non si può in modo alcuno rivocare in dubbio che sia del Santo Ufficio. Però esseguisca virilmente tutto quello che conviene secondo i termini di giustitia».<br />Resistere a pressioni così forti era impossibile: e di lì a poco Menocchio fu ucciso. Lo sappiamo con certezza dalla deposizione di un certo Donato Serotino, che il 6 luglio 1601 disse al commissario dell'inquisitore del Friuli di essersi trovato a Pordenone poco dopo che vi era «stato giustitiato per il Santo Officio... il Scandella», e di avervi incontrato un'ostessa da cui aveva saputo che «in detta villa... era un certo huomo che era nominato Marcato, o vero Marco, qual teneva che morto il corpo fusse morta ancho l'anima».<br />Di Menocchio sappiamo molte cose. Di questo Marcato, o Marco - e di tanti altri come lui, vissuti e morti senza lasciare tracce - non sappiamo niente. (p. 146-148)</blockquote><p></p> <p>Per notizie sul cardinale di Santa Severina, si può consultare, per esempio, <a href="http://www.treccani.it/site/www/storia_storie/archivio/italianitreccani05.htm">questa pagina</a>.</p>Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5694898393931711730.post-64968258672363839932008-12-19T20:12:00.002+01:002008-12-20T15:44:13.860+01:00Salve a tutti!Dopo molte esitazioni, e molte insistenze di mia figlia Roberta, apro anch'io un blog.<br /><br />Il titolo <span style="font-weight: bold;">Melegnano e dintorni</span> indica abbastanza bene gli argomenti che tratterò, in modo più o meno rapsodico (come si addice al medium).<br /><br />In primo luogo parlerò di <span style="font-weight: bold;">Melegnano</span>. Per anni ho fatto ricerche sulla sua storia, soprattutto ecclesiastica, culminate nella mia tesi di laurea <span style="font-style: italic;">Devozione e liturgia a Melegnano nei secoli XV e XVI </span>(la si può leggere e scaricare dal mio <a href="http://home.tele2.it/luigibardelli">sito</a>, quello serio).<br /><br />I <span style="font-weight: bold;">dintorni</span> sono sia reali sia metaforici: divagazioni e scorribande in campi che a volta a volta suscitino il mio interesse.<br /><br />Spero che quanto scriverò possa piacervi e suscitare i vostri commenti.<br />Ci sentiamo...Luigi Bardellihttp://www.blogger.com/profile/14252011100172140140noreply@blogger.com1