giovedì 5 marzo 2009

L'eresia di padre Coyne

Accolto da recensioni favorevoli, lo scorso autunno è uscito da Longanesi La variabile Dio. In cosa credono gli scienziati? Un confronto tra George Coyne e Arno Penzias di Riccardo Chiaberge, giornalista del Sole 24 Ore. Tutti hanno apprezzato l'idea di mettere allo stesso tavolo due personaggi come il cattolico George Coyne, gesuita e direttore della Specola Vaticana di Castelgandolfo dal 1978 al 2006, e il laico Arno Penzias, ebreo ateo e premio Nobel per la fisica nel 1978, per trattare il tema spinoso del rapporto tra scienza e fede.

Ho trovato il libro molto interessante, ma non voglio farne l'ennesima recensione.

Voglio parlare di una stranezza, un particolare secondario rilevato per quanto ne so dal solo Piergiorgio Odifreddi in una sua recensione: nel corso del dibattito padre Coyne avrebbe espresso l'opinione che Dio non sarebbe onnisciente. Dice Odifreddi:
Quanto a padre Coyne, non solo non vede Dio come la spiegazione dei fenomeni naturali, ma addirittura non crede che Egli potesse sapere che sarebbero comparsi gli esseri umani: poteva solo sperarlo, e pregare affinché noi diventassimo realtà.
Anche Orlando Franceschelli, a pag. 25 dell'Almanacco di scienze di Micromega appena uscito in edicola, attribuisce a padre Coyne questa eresia. Perché negare l'onniscienza divina è un'eresia bell'e buona.

Padre Coyne è dunque un eretico? Ma la benevola recensione dell'Avvenire non ne fa cenno. E onestamente anch'io faccio molta fatica a credere a tale misfatto. Ho letto il libro Viandanti nell'universo. Astronomia e senso della vita di George Coyne e Alessandro Omizzolo (Mondadori 2000) e ci ho trovato la più perfetta ortodossia.

Ma andiamo a pag. 40-41 del libro di Chiaberge. Le precise parole di padre Coyne sono queste:
"L'universo rivela il dinamismo dell'evoluzione. Avrebbe Dio potuto sapere se fosse stato solo immanente nell'universo e non trascendente? Avrebbe potuto sapere che noi saremmo apparsi sulla Terra dopo miliardi di anni dal Big Bang? No, non poteva saperlo. Non poteva sapere ciò che non era conoscibile e la comparsa degli esseri umani non è stata soltanto il risultato di processi necessari, ma di una mescolanza di caso e necessità e di un universo molto fertile. Dio sperava che noi saremmo un giorno esistiti. Potrebbe aver pregato perché diventassimo una realtà vivente. Ma non avrebbe potuto rendere necessario questo esito, perché ha fatto un universo che non ci ha determinati solo attraverso processi di necessità. Se credo in Dio, se mi sforzo di capire il Dio che amo e che credo abbia creato l'universo, allora la natura stessa dell'universo ha qualcosa da dirmi riguardo a quel Dio."
Nel brano c'è qualcosa che non va. Si comincia affermando che, se Dio fosse solo immanente nell'universo, non avrebbe potuto prevedere la comparsa dell'uomo, perché l'universo ci ha generati non solo tramite leggi necessarie ma anche tramite il caso. Ma poi il brano prosegue affermando in modo assoluto, e non più sotto ipotesi, questa mancanza di preveggenza divina.

Sembrerebbe che Chiaberge abbia frainteso il discorso di padre Coyne. Ne abbiamo la conferma più avanti nel libro, a pag. 91-92:
[Chiaberge:] Ma torniamo all'ipotesi del multiverso. I cristiani fondamentalisti, come pure una parte della Chiesa cattolica, vedono in queste teorie l'ultimo disperato tentativo degli atei di dimostrare che non esiste nessuna finalità, nessuna teleologia, e che il cosmo, l'emergere della vita e della coscienza, sono governati dalla cieca casualità. Ma George ha affermato poco fa qualcosa che sembra avallare queste tesi. Ha detto che Dio, nell'atto di creare il mondo, non poteva immaginare che l'uomo avrebbe fatto a un certo punto la sua comparsa... Quindi poteva ben creare infiniti universi, e (per usare un'espressione di Einstein) giocare a dadi con il mondo e stare a vedere cosa sarebbe successo.
Il gesuita astronomo ci ferma con decisione. "Un momento, io avevo premesso che, per amore di argomentazione, consideravo Dio solo immanente nel mondo e non anche trascendente, come in effetti è. La verità teologica nella tradizione cattolica e cristiana è che Dio, mentre è immanente, è anche trascendente ed eterno. Il che significa che per Dio non esiste il tempo, o, se preferisci, che ogni cosa è simultanea a Dio. Lui conosce tutto subito. Ma io faccio l'ipotesi di un Dio solo immanente all'universo, ammesso e non concesso che lo sia, solo per enfatizzare la natura dell'universo. Cioè, osservo i processi evolutivi che sono all'opera nell'universo, insieme caso e necessità. Ci sono delle leggi di natura - quale che sia il significato che vogliamo dare a questa espressione. Se faccio cadere quest'oggetto - dice sollevando il bicchiere dal tavolo - esso cade. Se lo faccio cadere sulla luna, cade, con una diversa accelerazione ma cade. Io accetto che la legge di gravità e le leggi della combinazione chimica, per esempio, siano universali. Altrimenti non sarei in grado di fare il lavoro scientifico."
Anche qui la sintesi è probabilmente carente (si fanno esempi di necessità, ma nessuno di caso), ma almeno il senso è chiaro: per padre Coyne un Dio immanente nell'universo, ma non anche trascendente, potrebbe sapere solo ciò che è prevedibile in base alle leggi naturali. Dal momento che l'evoluzione dell'universo non è esclusivamente frutto di processi necessari, un Dio solo immanente non avrebbe potuto prevederne lo sviluppo. Ma un Dio trascendente "conosce tutto subito".

Odifreddi (e Franceschelli) ha dunque attribuito a padre Coyne un'opinione che padre Coyne in realtà non ha espresso. Padre Coyne non è un eretico.